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Se all’Università di Oxford cancellano la civiltà occidentale

Il libro di una Prof. di Oxford dice che l’Occidente non esiste (e l’Establishment culturale britannico la incorona). Torno sull’argomento di cui mi sono occupato qualche giorno fa su American Thinker. L’ho scritto perché volevo che anche i lettori italiani che non hanno familiarità con l’inglese fossero portati a conoscenza di un evento culturale che i giornali italiani hanno finora ignorato, almeno a quanto mi consta (attenzione: non è semplicemente una traduzione dall’inglese, infatti è un articolo largamente nuovo e diverso). La pubblicazione di un libro come quello della Prof. Quinn, e soprattutto la sua entusiastica accoglienza da parte dell’Establishment culturale britannico, sono altamente emblematiche. Si tratta della conferma — un “timbro” autorevole — di un fenomeno in atto già da tempo…

Il mio pezzo su NICOLAPORRO.IT/ATLANTCICOQUOTIDIANO del 17/6/2024. 

La vecchia Inghilterra non smette mai di sorprendere i suoi estimatori, sempre in attesa di “illuminazione”, soprattutto in materia di scienza e scienze applicate, nonché negli sterminati territori del pensiero politico ed economico. Ma anche in materia di storiografia non si scherza: pensate, solo per fare un esempio nostrano, a quanti onori abbiamo (giustamente) tributato alle opere sull’Italia moderna e contemporanea di Denis Mack Smith, per l’appunto un figlio d’Albione anche lui. Ed è esattamente di un testo storiografco pubblicato nei mesi scorsi che ci occupiamo in questo articolo.

Chiariamo subito una cosa: un tempo, a torto o a ragione, un nuovo libro scritto da un professore di Oxford suscitava non solo curiosità e rispetto tra gli addetti ai lavori della disciplina di competenza, ma anche una certa deferenza – e talvolta autentico entusiasmo – presso un più vasto pubblico (con la complicità dei critici sui media). Oggi come oggi, perché si rispetti la tradizione, bisogna che il libro possegga determinati requisiti, che le sue coordinate culturali e politiche siano “quelle giuste”. Sono sicuro che avete già capito a cosa alludo.

Civiltà occidentale un’illusione

“How the World Made the West” (“Come il mondo ha creato l’Occidente”), di Josephine Quinn, docente di storia antica ad Oxford, appartiene a questa categoria. Il libro si prefigge di portare a compimento l’obiettivo e il sogno di legioni di “sinistri” di tutto il mondo e da tempo immemorabile. Lo scopo di Quinn non è solo di distruggere ciò di cui, a generazioni di scolari e studenti universitari, si è insegnato ad andar fieri, cioè i valori e le conquiste occidentali.

La storica oxoniense vuole demolire anche il concetto che sta alla base di quello che lei chiama “civilisational thinking”, cioè, tecnicamente parlando, un approccio intellettuale che mette l’accento sullo studio e la comprensione delle società umane attraverso la lente delle civiltà piuttosto che dei singoli stati, nazioni, o gruppi etnici. Questo approccio considera le civiltà come entità ampie, durature e culturalmente distinte che modellano la storia umana, l’identità e le dinamiche socio-politiche.

Un esempio importante di civilisational thinking è la teoria di Samuel Huntington, l’autore del famoso “The Clash of Civilizations”, del 1996, secondo cui i conflitti globali post-Guerra Fredda sarebbero guidati da differenze culturali e “di civiltà” piuttosto che ideologiche o economiche.

Un’implicazione fondamentale del rifiuto del civilisational thinking è che non esiste quella cosa che viene chiamata “civiltà occidentale”By the way, sarebbe stato proprio quel tipo di approccio – spiega la prof. britannica – a fornire le basi culturali della pretesa supremazia dell’Europa occidentale durante il XIX secolo, consentendo l’espansione coloniale e le gerarchie razziali. … [CONTINUA A LEGGERE]

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